societa italiana obesita

Società Italiana dell'Obesità

Informazione ed aggiornamento per i professionisti dell'Obesità

obesita

Sezione Regionale Veneto - Friuli Venezia Giulia - Trentino Alto Adige

 

I Video ...

 

Le InterViste ...

 

MultiMedia...

 

Workshop ...
"Endocannabinoids in Endocrinology, Metabolism and Cardiovascular Diseases"

 

Logo PubMed

Società Italiana dell'Obesità - 3° Congresso Triveneto

 

“Obesità, Nutrizione e Stili di Vita”
Sabato 31 marzo 2007
Trento, Centro Servizi Culturali Santa Chiara - Trento
 
programma pdf
09.00    Registrazioni
09:30    Apertura del Congresso

SESSIONE 1: Obesità e Nutrizione. Un punto di vista epidemiologico

Moderatori: G. Enzi (Padova) – M. Pizzinini (Trento)
10:00    Epidemiologia dell’obesità in Italia, C.Taboga (Udine), abstract, presentazione
10:30    Obesità e stili nutrizionali regionali e nazionali, L. Lucchin (Bolzano) abstract, presentazione
11:00 Obesità nel bambino: epidemiologia e prevenzione, C. Maffeis (Verona), abstract, presentazione

11:30     Coffee break

SESSIONE 2: Il ruolo dell’approccio nutrizionale nel trattamento dell’obesità

Moderatori: L. Lucchin (Bolzano) – P. Dalrì (Trento)
11:45    Esiste ancora un ruolo della dieta nella terapia dell’obesità ?, O. Bosello (Verona), abstract, presentazione
12:15    HDL: dieta, aterosclerosi, obesità. E. Manzato (Padova), abstract, presentazione
12:45    Miti e realtà della dieta iperproteica, C. Cannella (Roma), abstract, presentazione

13:15    Pausa pranzo

SESSIONE 3: Obesità e stili di vita

Moderatori: C. Cannella (Roma) – R. Ostuzzi (Vicenza)
14:00    Il cambiamento dello stile di vita: risultati dei grandi trials, C.Rotella Firenze) 14:30    Ruolo dell’attività fisica su funzione e metabolismo, F. Schena (Trento), abstract, presentazione
15:00    Attività fisica e composizione corporea nell’anziano, V. Di Francesco (Verona), abstract, presentazione

15:30 Coffee break

SESSIONE 4: Obesità e sindrome metabolica

Moderatori: C. Rotella (Firenze) – R. Vettor (Padova)
15:45    L’organo adiposo, ruolo centrale nella sindrome metabolica, C. Pagano (Padova), abstract, presentazione
16:15    Farmaci insulino-sensibilizzanti, S. Inchiostro (Trento), abstract, presentazione
16:45    Terapia farmacologia dell’obesità, L. Busetto (Padova), abstract, presentazione

17:15    Chiusura dei lavori ed Assemblea dei Soci SIO del triveneto.


Introduzione al convegno    

Il soprappeso e l’obesità si configurano per la loro diffusione e per l’impatto che provocano sullo stato di salute dell’individuo e della popolazione come la patologia emergente del nuovo millennio. Il soprappeso e l’obesità, con particolare riferimento all’obesità viscerale, sono infatti in grado di interessare in modo negativo sostanzialmente tutti gli organi ed apparati del corpo umano. Le manifestazioni cliniche dell’obesità possono infatti sia essere direttamente connesse all’aumento della massa adiposa (es. artropatia da carico, insufficienza ventilatoria) ed alla conseguente modificazione della silhouette corporea (es. impaccio fisico, disagio psicologico), sia essere connesse alle complicanze conseguenti all’obesità, che compaiono con le caratteristiche tipiche della malattia indotta (es. diabete, sindrome metabolica, disturbi ormonali), sia infine essere connesse alle conseguenze cliniche della stessa patologia indotta (es. coronaropatie, cuore polmonare cronico).

La crescente diffusione del soprappeso e l’obesità, pur riconoscendo una base di predisposizione genetica, è sicuramente connessa allo stile di vita della nostra società, caratterizzato da una continua ed ampia disponibilità alimentare e da una drastica riduzione del livello di attività fisica. Il cardine della prevenzione e del trattamento di queste patologie rimane quindi incentrato sul cambiamento dello stile di vita, che assume in questo ambito un ruolo autenticamente terapeutico. I risultati di recenti trials di intervento basati appunto su modificazioni sostenibili dello stile di vita hanno dimostrato incontestabilmente l’efficacia di queste misure, anche in termini preventivi.  Scopo del convegno è quindi quello di trattare in modo specifico il ruolo della nutrizione e della sedentarietà nella genesi dell’obesità e di fornire agli specialisti del settore, medici e non, le informazioni rilevanti per la costruzione e la diffusione di un corretto modello di cambiamento dello stile di vita, basandosi su solide evidenze sperimentali ed al di fuori delle mode e delle infatuazioni del momento. Saranno in particolare fornite informazioni rilevanti sui dati epidemiologici che legano lo stile di vita all’epidemiologia del soprappeso e dell’obesità, con particolare riferimento alla situazione in età pediatrica, saranno fornite informazioni sul ruolo dei diversi macronutrienti nella formulazione di una dieta equilibrata e sostenibile nel lungo periodo, saranno date indicazioni sul ruolo dell’attività fisica nelle diverse età della vita. Infine, una sessione sarà dedicata al trattamento farmacologico e alla sua integrazione con il cambiamento terapeutico dello stile di vita.

L’evento si propone di:
Fornire ai partecipanti le conoscenze necessarie alla definizione del ruolo di un corretto stile di vita nella prevenzione e nella terapia dell’obesità, a livello individuale e di popolazione
Fornire ai partecipanti gli elementi necessari per l’individuazione dei comportamenti corretti nella determinazione dello stile di vita
Fornire ai partecipanti linee guida aggiornate riguardanti il trattamento farmacologico dell’obesità e delle sue complicanze metaboliche.


Claudio Taboga. Epidemiologia dell’obesità in Italia.

Soprappeso e obesità, caratterizzati da un accumulo abnorme di tessuto adiposo in sede sottocutanea o splancnica, si stanno rapidamente diffondendo in tutte le fasce di età e non solo fra  la popolazione occidentale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità attribuisce al problema il carattere di epidemia. Il fenomeno è principalmente dovuto a modificazioni dello stile di vita identificabili in una progressiva riduzione dell’attività fisica ed in rapide modificazioni qualitative e quantitative della alimentazione. Un eccesso ponderale interessa mediamente il 30 % della popolazione con una disposizione dell’adipe diversa nei due sessi: nel sottocutaneo di fianchi e coscie nelle donne – obesità ginoide - ; a livello addominale, sia splancnico che sottocutaneo, nei maschi – obesità androide. Quest’ultima si associa ad un cluster di fattori di rischio cardiovascolare che vengono identificati dalla sindrome da insulinoresistenza o sindrome metabolica. La sindrome metabolica include le complicanze più frequentemente associate alla obesità (alterazioni metaboliche ed ipertensione) ma con il progredire dell’eccesso ponderale l’obesità si complica anche con infertilità, problemi respiratori e osteoarticolari,  rischio anestesiologico e neoplastico.  Conseguentemente aumenta la spesa sanitaria che è lineare con l’incremento dell’Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index  (BMI), rapporto fra il peso in Kg e la statura in m2.   Il BMI viene di regola utilizzato per quantificare il tessuto adiposo presente, la circonferenza della vita per localizzarne la distribuzione; BMI e circonferenza-vita rappresentano le misure antropometriche più utilizzate per stadiare l’obesità e per valutare il rischio di morbilità e mortalità ad essa correlata. 


Claudio Maffeis. Obesità nel bambino: Epidemiologia e Prevenzione.

L'obesità è il disturbo nutrizionale più comune nella popolazione, sia negli adulti sia nei bambini. In Italia, un bambino su dieci è obeso, due su dieci sono soprappeso.  L'obesità del bambino è particolarmente preoccupante sia per la persistenza in età adulta (più del 50% dei bambini obesi mantiene l’obesità anche nella maturità) che per l'associazione con la morbilità (insulino-resistenza, intolleranza la glucosio, ipertensione arteriosa, dislipidemie, steatosi epatica/steatoepatite).

L'alimentazione svolge un ruolo di primo piano per lo sviluppo ed il mantenimento dell'eccesso di peso, tuttavia l'alimentazione non deve essere considerata indipendentemente dai fabbisogni energetici dell'individuo. Infatti, peso e massa adiposa sono la risultante dell'equilibrio dinamico tra entrate ed uscite di energia. I flussi dei nutrienti sono influenzati da molti fattori ma tre di questi giocano un ruolo centrale: l'attività motoria, le porzioni di cibo assunti nei diversi episodi alimentari e la composizione della dieta. Su questi target sensibili si dovrebbe concentrare lo sforzo sia preventivo che terapeutico del pediatra.

Attività fisica I risultati di uno studio longitudinale condotto su un'ampia coorte di ragazze americane seguite per 10 anni hanno evidenziato in modo chiaro e convincente che la sedentarietà è associata ad un aumentato rischio di soprappeso. Del resto, buona parte della popolazione non percorre neppure i famosi 10.000 passi al giorno, considerati il minimo livello di attività consigliato. Al contrario l’esposizione al video, soprattutto nei bambini, e l'uso di mezzi meccanici limitano pesantemente le possibilità di muoversi, anche di camminare. E proprio il cammino anche se a bassa velocità (4-5 km/h) può essere considerato assai utile ai fini del controllo del peso. A bassa velocità si mantiene l’attività metabolica al di sotto della soglia anaerobica e si può quindi ottenere il massimo consumo di grassi nell'unità di tempo. Questo garantisce un ritardo nella comparsa dell'affaticamento e quindi la possibilità di proseguire l'esercizio per più tempo aumentandone il beneficio. Inoltre camminare è facile, non costa, e si può fare praticamente ovunque. Ad esempio, un bambino obeso di 10 anni che pesa 70 kg spende in un ora davanti alla TV circa 70 kcal mentre camminando a 4 km/ora sul piano circa 250 kcal. Nell’ora in cui cammina, utilizza circa 9 g di grasso contro i circa 3 g che spende stando seduto sul divano a guardare la TV.

I bambini italiani trascorrono molto tempo davanti al video. A 10 anni la media è addirittura tre ore al giorno. Come dimostrato da Robinson, la semplice riduzione della visione della TV si associa ad una riduzione del rischio dell’aumento dell'adiposità nel bambino. La difficoltà è riuscire a proporre attività ludiche che siano realmente competitive con i programmi video e che il bambino accetti di eseguire queste attività. L’esempio dei genitori è fondamentale: genitori sedentari hanno con maggior frequenza figli sedentari. Soprattutto per i bambini ma anche per gli adolescenti, le abitudini motorie e lo stile di vita della famiglia è determinante per l’efficacia della terapia oltre che della prevenzione.  Parimenti, la riduzione della sedentarietà si associa ad una riduzione spontanea degli apporti di cibo, come dimostrato in un recente studio di Epstain et al.

In particolare la TV è un fattore di rischio importante di obesità anche perchè è veicolo promotore di cattive abitudini alimentari.
Apporti alimentari Le porzioni medie di cibo consumato sia dagli adulti che dai bambini sono progressivamente aumentate negli ultimi decenni. Il fenomeno è registrato con difficoltà negli studi di popolazione relativi agli apporti di alimenti perché la sensibilità è modesta e per l’inconscia sottostima del cibo consumato soprattutto nelle persone soprappeso. L’aumento delle porzioni non ha accompagnato un aumento dei fabbisogni che anzi sono diminuiti rispetto ad alcuni decenni or sono. Pertanto, la stima dei fabbisogni non è difficile e può essere eseguita in pochi minuti dal pediatra. Educare al consumo di porzioni adeguate all’età, il sesso, la taglia corporea ed il livello di attività motoria praticato costituisce una priorità per l’intervento.

Un secondo aspetto centrale nella nutrizione dei bambini è la composizione della dieta che mediamente, in Italia, non risulta equilibrata ed in linea con le raccomandazioni. Troppe proteine, troppi grassi, troppi zuccheri a rapido assorbimento. Al contrario, fibra, calcio e ferro sono costantemente carenti. La sostituzione di alimenti più sapidi e quindi più gradevoli al palato rispetto a quelli meno saporiti ma decisamente più sani, quali frutta e verdura, non è facile. Il lavoro deve cominciare fin dalle prime età attraverso la motivazione dei genitori ed una costante opera informativa ed educativa da parte del pediatra. E’ un obiettivo perseguibile. Molto più difficile ma non impossibile l’intervento nei casi di obesità strutturata. L’intervento sulla nutrizione è quindi di tipo educativo, rivolto a tutta la famiglia e costantemente proposto durante l’intera età evolutiva.

In conclusione, curare l’obesità è possibile. Per essere efficace, il trattamento deve basarsi sulle evidenze fisiopatologiche disponibili.  L'obesità non è dovuta all'assunzione di un particolare alimento ma ad un eccesso di assunzione di calorie rispetto al fabbisogno. Il fabbisogno calorico giornaliero è influenzato dal livello medio di attività fisica. Sedentarietà ed esposizione al video contribuiscono ad aumentare il rischio di obesità. La regolare pratica di attività motoria anche a bassa intensità ma per periodi prolungati è assolutamente irrinunciabile in un programma di terapia come di prevenzione dell’obesità del bambino. I pasti devono essere armonizzati tra loro sia in termini di porzioni, che vanno rivedute al ribasso, che di composizione,  in modo da consentire un’adeguata assunzione di fibra, carboidrati a lento assorbimento, calcio e ferro. Molta attenzione deve essere prestata al contenuto in grassi e proteine oltre che in zuccheri rapidi. Il rapporto del bambino con l’alimentazione, l’attività fisica e la propria immagine corporea può diventare armonico solo attraverso il coinvolgimento diretto della famiglia al trattamento.  Molto resta da fare ma molto possiamo già fare.

Bibliografia.
1.Ello-Martin JA, Ledikwe JH, Rolls BJ.The influence of food portion size and energy density on energy intake: implications for weight management. Am J Clin Nutr. 2005;82(1 Suppl):236S-241S
2.Epstein LH, Roemmich JN, Paluch RA, Raynor HA.Influence of changes in sedentary behavior on energy and macronutrient intake in youth. Am J Clin Nutr. 2005;81(2):361-6.
3. Field AE, Austin SB, Gillman MW, Rosner B, Rockett HR, Colditz GA.Snack food intake does not predict weight change among children and adolescents. Int J Obes Relat Metab Disord. 2004t;28(10):1210-6. 4. Kimm SY, Glynn NW, Obarzanek E, Kriska AM, Daniels SR, Barton BA, Liu K. Relation between the changes in physical activity and body-mass index during adolescence: a multicentre longitudinal study. Lancet. 2005;366(9482):301-7.
5.Maffeis C. Aetiology of overweight and obesity in children and adolescents. Eur J Pediatr. 2000;159 Suppl 1:S35-44.
6.Maffeis C. Il bambino obeso e le complicanze. Dalla conoscenza scientifica alla pratica clinica. SEE Ed. Firenze, 2004.
7.C, Zaffanello M, Pellegrino M, Banzato C, Bogoni G, Viviani E, Ferrari M, Tato L. Nutrient oxidation during moderately intense exercise in obese prepubertal boys. J Clin Endocrinol Metab. 2005;90(1):231-6
8.Nicklas TA, Demory-Luce D, Yang SJ, Baranowski T, Zakeri I, Berenson G. Children's food consumption patterns have changed over two decades (1973-1994): The Bogalusa heart study. J Am Diet Assoc. 2004;104(7):1127-40
9.Phillips SM, Bandini LG, Naumova EN, Cyr H, Colclough S, Dietz WH, Must A Energy-dense snack food intake in adolescence: longitudinal relationship to weight and fatness. Obes Res. 2004;12(3):461-72
10.Robinson TN. Reducing children's television viewing to prevent obesity: a randomized controlled trial. JAMA. 1999 Oct 27;282(16):1561-7


Enzo Manzato.  HDL: dieta, aterosclerosi, obesità   

Le HDL sono una classe eterogenea di lipoproteine contenenti una parte proteica (apo AI e apo AII) ed una lipidica (costituita soprattutto di fosfolipidi ed in misura minore di colesterolo). Le HDL nascenti sono prodotte dal fegato, dall’intestino e nel plasma durante il catabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi (chilomicroni e VLDL).

Diete povere in grassi portano ad una riduzione del colesterolo delle HDL, così come condizioni di sovrappeso o obesità e nelle ipertrigliceridemie. Al contrario l’attività fisica contribuisce ad incrementare il colesterolo delle HDL. Le modificazioni delle concentrazioni delle HDL sono particolarmente importanti perché collegate al rischio cardiovascolare.   


Carlo Maria Rotella. Il cambiamento dello stile di vita: risultati dei grandi trials

L’obesità deve essere ormai considerata come una patologia complessa per l’elevata incidenza nelle diverse popolazioni e per la significativa comorbilità associata, strettamente connessa con alterazioni del profilo glicemico (fino al diabete mellito di tipo 2), lipidico (bassi livelli di colesterolo HDL, incremento delle LDL piccole e dense), ipertensione arteriosa  e turbe emocoagulative (stato trombofilico) nel quadro della Sindrome Metabolica (SM). Nel 2001 il National Cholesterol Education Program (NCEP-ATP III) ha definito i criteri diagnostici della SM, successivamente rivisti nel 2004 con valore di normoglicemia a digiuno <100 mg/dl. La SM, nello studio NHANES-III presenta una massima incidenza pari al 44% in entrambi i sessi nel range di età compreso tra 44 e 66 anni, con prevalenza globale lievemente superiore nel sesso maschile. In un recente studio condotto sull’area fiorentina

La SM si attesta attorno al 15.8% (secondo i criteri NCEP) nella fascia di età 44-66 anni con una prevalenza di sovrappeso del 41% e di obesità del 22%. Considerando la prevalenza di soggetti con rischio cardiovascolare superiore al 20% a 10 anni, il 12 %  dei soggetti presenta SM rispetto all’1,4% senza diagnosi di sindrome. Questo giustifica la necessità di un approccio terapeutico sull’eccesso ponderale, sul profilo pressorio, glicemico e lipidico. L’intervento terapeutico di primo livello è rappresentato senza dubbio dalle modifiche dello stile di vita (attività fisica ed alimentazione). Il ricorso alla terapia farmacologica può essere in tal senso interpretato solo come un elemento di supporto nel percorso educativo del paziente. Per il controllo farmacologico del peso si devono considerare i risultati dello studio UKPDS nei pazienti con diabete tipo 2, dove la metformina si è dimostrata più efficace rispetto al trattamento con sulfaniluree ed insulina. L’orlistat, farmaco antiobesità ha mostrato una valida efficacia sul medio termine in termini da calo ponderale >10% e di riduzione dell’adiposità viscerale. Altro farmaco è la sibutramina di comprovata efficacia su calo ponderale e sul miglioramento di vari parametri metabolici. Farmaci di recente introduzione come il rimonabant (antagonista recettoriale del recettore per endocannabinoidi) stanno assumendo sempre maggiore interesse per i risultati ottenuti nei vari trials clinici.


Federico schena. Ruolo dell’attività fisica su funzione e metabolismo.  

L’attività motoria e la nutrizione sono i due capisaldi della prevenzione primaria e secondaria di un numero rilevante di patologie, in particolare le malattie cronico-degenerative che rappresentano la maggiore causa di malattia e di disabilità nella popolazione anziana. Nonostante la documentazione sui benefici di una attività fisica regolare e di una corretta alimentazione incrementi anno per anno in misura esponenziale la percentuale di persone che seguono queste indicazioni è piuttosto bassa  ed in molte regioni italiane non raggiunge nemmeno la metà della popolazione di età adulta. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative finalizzate a favorire l’adozione di queste abitudini ed una notevole enfasi sugli stili di vita è riscontrabile fin dal 1999 in tutti i Piani Sanitari Nazionali ed è stata ripresa anche a livello locale. Il successo di queste iniziative è spesso discreto quando si valuta l’attenzione che riesce ad indurre nei partecipanti ma  insufficiente quando viene valutato a lungo termine. E’ noto infatti che è proprio il cambiamento a lungo termine  degli stili di vita il risultato più difficile da conseguire ed al contempo anche il più redditizio per la salute ed il benessere della persona. La ricerca di strategie per indurre questo tipo di cambiamenti rappresenta quindi uno dei compiti più impegnativi della medicina preventiva che può trovare un significativo aiuto da una corretta prescrizione ed attuazione di programmi di attività motoria.


Vincenzo Di Francesco. Attività fisica e composizione corporea nell’anziano  

In passato si è negato che l’intraprendere e il mantenere uno stile di vita attivo nel soggetto in età avanzata possa ripercuotersi positivamente sullo stato di salute e sulla qualità di vita di questo. La teoria, secondo la quale il deterioramento della funzione fisica e il peggioramento della qualità della vita nell’anziano fossero conseguenze prevedibili e inevitabili del processo di invecchiamento, ha portato ad un atteggiamento equivoco nel consigliare l’esercizio fisico in età geriatrica. Si temeva che un cambiamento dello stile di vita nel soggetto anziano potesse turbare l’equilibrio psicofisico precario instauratosi nel corso dell’invecchiamento e che l’anziano fosse più a rischio di eventi avversi associati all’attività fisica (cadute, fratture ossee, accidenti ischemici cardiaci, morte improvvisa, ecc).

Nei paesi industrializzati il tempo dedicato all’attività fisica svolta nel tempo libero e nelle occupazioni quotidiane declina progressivamente con l’avanzare dell’età. Dati del National Health Interview Survey (NHIS) mostrano che meno del 30% della popolazione anziana degli Stati Uniti pratica regolarmente esercizio fisico secondo le raccomandazioni ufficiali dell’American College of Sports Medicine (almeno tre giorni alla settimana per più di 20 minuti). Questi dati vengono confermati da uno studio condotto in una popolazione americana di 7801 soggetti anziani. La prevalenza di esercizio fisico regolare in questo campione risultava essere del 37% nei soggetti maschili e del 24% in quelli femminili. Sembra che con il passare degli anni ognuno di noi tenda a ridurre il livello di attività fisica, sia quella collegata al lavoro, sia quella di „piacere“ svolta durante il tempo libero. A questa riduzione contribuisce non solo il pensionamento e quindi la perdita dell’attività fisica correlata all’ambiente lavorativo, ma anche la riduzione della motivazione al movimento e soprattutto il deterioramento dello stato di salute e il declino associato all’invecchiamento di molteplici funzioni fisiche. Precedenti indagini hanno evidenziato che l’invecchiamento si associa a progressiva riduzione della massa magra e dell’acqua corporea totale con conseguente incremento relativo ed assoluto del tessuto adiposo corporeo. In particolare la carenza di tessuto muscolare, definita Sarcopenia, e l’eccesso di massa adiposa sono risultati associati a maggiore prevalenza di limitazioni funzionali e di disabilità fisica e quindi possono ostacolare lo svolgimento di una regolare attività fisica.

L’invecchiamento si associa anche a riduzione della forza muscolare, della resistenza e della flessibilità, ad alterazioni della mobilità, a difficoltà a mantenere l’equilibrio, a rarefazione ossea e ad aumentato rischio di cadute. Oltre a questi fattori la presenza di condizioni patologiche croniche (cardiopatia ischemica, diabete mellito, ipertensione arteriosa, patologia neurologica degenerativa, malattia cerebrovascolare, patologia respiratoria e neoplastica, osteoporosi, artrosi), di deficit sensoriali e cognitivi e la presenza di barriere ambientali e psicosociali (pensionamento, isolamento, ecc.) possono condizionare la tolleranza del soggetto anziano verso sforzi associati all’esercizio fisico e la sicurezza nel praticare l’attività fisica con l’avanzare degli anni.

L’inattività e il decondizionamento fisico che spesso si verificano con l’avanzare dell’età conducono a peggioramento non solo delle alterazioni funzionali età-correlate, ma anche di condizioni patologiche lievi o subcliniche (quali obesità viscerale, intolleranza glucidica, osteopenia, ipertensione arteriosa, dislipidemia, coronaropatia) con aumento dell’utilizzo di farmaci e del rischio di scompenso funzionale. Nell’insieme tutto questo porta ad ulteriore inattività, in un circolo vizioso che infine conduce al decadimento fisico e alla perdita di funzione, preludio alla perdita dell’autonomia.

È ormai noto che almeno in parte il declino funzionale e la ridotta riserva fisiologica che si accompagnano all’invecchiamento sono dovuti a complesse interazioni tra modificazioni legate all’invecchiamento, patologia e disuso. Condurre una vita sedentaria comporta innanzitutto peggioramento del tono muscolare, che non viene mantenuto in attività. A questo si aggiungono, specie per le persone anziane, depressione e maggiori difficoltà nel sonno, dal momento che starsene in casa non significa sempre riposare ma piuttosto un lasciarsi andare fisico e psicologico.

Il mantenimento di una regolare attività fisica in età avanzata potrebbe essere quindi di importanza fondamentale, e sembra che possa attenuare parecchie delle alterazioni funzionali età-correlate e in questo modo preservare un’autonomia funzionale anche nei soggetti molto anziani.   


Claudio Pagano. L’organo adiposo, ruolo centrale nella sindrome metabolica  

E’ ormai nota da molti anni la stretta associazione tra accumulo di adipe viscerale e sindrome metabolica. Non sono però ancora stati completamente chiariti i meccanismi che stanno alla base di questa associazione. Per molto tempo si è ritenuto che il ruolo principale fosse da attribuire ad un aumentato rilascio di acidi grassi liberi nel  circolo portale da parte degli adipociti ipertrofici dei depositi mesenterici ed omentali. Più recentemente è stato pero scoperto che il tessuto adiposo non è importante solo nel metabolismo di molecole energetiche come gli acidi grassi ed il glucosio, ma è da considerarsi come un vero e proprio organo con proprietà endocrine. Infatti il numero di sostanze di natura proteica con azione autocrina/paracrina o più propriamente endocrina prodotte dal tessuto adiposo va aumentando di anno in anno ed a tutt’oggi sono state individuate oltre 50 proteine prodotte dall’adipocita o da altre cellule dell’organo adiposo e denominate adipochine.

Di particolare importanza sono le adipochine coinvolte nella regolazione del bilancio energetico, della sensibilità insulinica e del metabolismo glico-lipidico, come la leptina, l’adiponectina, la resistita, la visfatina, l’RBP4. Per molte di queste proteine è stato rilevato anche un effetto proinfiammatorio o anti-infiammatorio e come tali sono state chiamate in causa nella patogenesi di diverse condizioni associate all’obesità e che vedono nell’infiammazione un evento patogenetico fondamentale. In particolare un ruolo per la resistina e l’adiponectina è stato proposto nella patogenesi dell’aterosclerosi, della steatoepatite non alcolica (NAFLD) e nel diabete tipo 2. Nel corso della relazione verranno discussi gli elementi a prova di queste nuove ipotesi patogenetiche della sindrome metabolica.  


Sandro Inchiostro. Farmaci insulino-sensibilizzanti

L’ormone insulinico riveste un ruolo centrale nell’omeostasi glucidica ed una riduzione del suo effetto, definito insulino-resistenza, riveste un ruolo centrale nei processi fisiopatologici che conducono alla comparsa del diabete di tipo 2. L’azione insulinica non si limita alla regolazione del metabolismo glucidico ma esercita effetti rilevanti anche a livello del metabolismo lipidico, proteico e  dell’omeostasi vascolare. Pertanto, l’insulino-resistenza si associa non solo ad una difettosa omeostasi glucidica ma anche ad altre alterazioni metaboliche e vascolari che favoriscono l’aterosclerosi. Di conseguenza l’utilizzo di farmaci insulino-sensibilizzanti può condurre non solo ad un miglioramento del metabolismo glucidico ma anche ad un importante effetto protettivo micro e macrovascolare. Nel corso della relazione verranno discussi i meccanismi d’azione, gli effetti metabolici e clinici dei principali farmaci insulino-sensibilizzanti attualmente disponibili quali la metformina e soprattutto i tiazolidinedioni, evidenziando i risultati di recenti trial clinici in campo metabolico e cardiovascolare, quali PROACTIVE, DREAM ed ADOPT, ottenuti con quest’ultima classe di farmaci.


Luca Busetto. Terapia farmacologica dell'Obesità

Le strategie terapeutiche per il trattamento dell’obesità sono state sottoposte ad un esteso processo di revisione, passando da una visione di breve termine, caratterizzata da interventi mirati all’ottenimento di un calo ponderale rapido ma generalmente non mantenuto, ad interventi terapeutici di lungo termine finalizzati anche al mantenimento del calo ponderale. Anche l’approccio farmacologico alla terapia dell’obesità va inserito in questo nuovo contesto. L’efficacia sul mantenimento del calo ponderale e la tollerabilità in terapia protratta sono alla base dello sviluppo delle varie molecole ora utilizzabili per la terapia dell’obesità.

Orlistat è un inibitore delle lipasi gastro-intestinali che inibisce parzialmente l’assorbimento dei grassi alimentari, che vengono quindi escreti con le feci. Ciò consente un sostanziale potenziamento della terapia dietetica, riducendo la quantità di calorie assunte. Orlistat agisce localmente a livello del tratto gastroenterico e non è assorbito a livello sistemico. Gli unici effetti collaterali sono quindi quelli legati alla presenza di grassi indigeriti nelle feci e dipendono in larga parte dalla compliance del paziente alla prescrizione dietetica. Vasti studi randomizzati e controllati hanno dimostrato l’efficacia di orlistat anche sul mantenimento del peso corporeo a lungo termine. La riduzione ponderale ottenuta col trattamento con orlistat è accompagnata da un miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolare proporzionale all’entità del calo ponderale.

Sibutramina agisce in qualità di inibitore del reuptake di serotonina e noradrenalina e quindi attraverso due potenziali meccanismi: aumentando la sazietà post-prandiale e il dispendio energetico. Nell’animale ambedue questi meccanismi sono attivi. Nell’uomo l’effetto prevalente è quello anoressante. Gli effetti collaterali sono quelli tipici di tutti i farmaci serotoninergici. L’effetto noradrenergico può comportare aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Anche l’efficacia di sibutramina è stata provata in vasti studi randomizzati di lungo periodo. Anche per sibutramina il trattamento è accompagnato da un miglioramento dei fattori di rischio proporzionale a quanto atteso in relazione alla riduzione ponderale. Una possibile eccezione è appunto rappresentata dall’effetto del farmaco sui valori di pressione arteriosa. Se da un lato la riduzione ponderale dovrebbe portare a riduzione dei valori pressori, d’altro l’effetto simpaticomimetico è associato ad lieve incremento pressorio.

Rimonabant agisce come antagonista del recettore CB1 dei cannabinoidi endogeni. Il sistema dei cannabinoidi agisce a livello centrale nei circuiti di rewarding che sono alla base dell’effetto oressante della cannabis e che probabilmente mediano anche altre forme di dipendenza. Il farmaco ha dimostrato un effetto anoressante nell’animale da esperimento e nell’uomo. Il recettore CB1 dei cannabinoidi è presente inoltre anche in periferia, a livello del tessuto adiposo, dello stomaco, del fegato e del muscolo, dove è coinvolto in molteplici azioni metaboliche connesse con la lipogenesi e l’insulino-resistenza. La somministrazione del rimonabant è quindi in grado di produrre effetti favorevoli su tutte le componenti della sindrome metabolica. L’efficacia clinica del rimonabant è stata provata da 4 grandi studi randomizzati condotti nel paziente obeso con e senza complicazioni metaboliche.

La riduzione ponderale ottenuta col trattamento con Orlistat è accompagnata da un miglioramento dei fattori di rischio cardiovascolare che sembra, in virtù degli effetti metabolici del farmaco, essere anche superiore a quella semplicemente attesa in relazione all’entità del calo ponderale. Gli effetti collaterali sono principalmente rappresentati da deflessione del tono dell’umore e nausea.


invia i tuoi commenti | guida del sito | mappa del sito | policy | privacy | webmaster | copyright
Ultimo agg. 30 ottobre 2007 ©2006-2007 Società Italiana dell'Obesità - Triveneto