Obesità e Ipertensione
di Paolo Della Mea e Francesco FalloEpidemiologia
Obesità & Ipertensione: Il nesso fisiopatologico
La Diagnosi
La Terapia
Bibliografia essenziale
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Epidemiologia.
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Sovrappeso e obesità sono tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili, quali ad esempio la malattia coronarica e gli accidenti cerebrovascolari. Il Prospective Studies Trialist Collaboration e numerosi altri studi hanno chiaramente dimostrato che un altro dei principali fattori di rischio è l’ipertensione arteriosa.
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La prevalenza dell’ipertensione arteriosa stimata dall’OMS e dal National Health Epidemiologic Follow-up Study è anch’essa aumentata nell’ ultimo decennio in gran parte del mondo e negli USA il 29% della popolazione adulta è ipertesa;
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La prevalenza supera il 60% negli ultrasessantacinquenni. In Italia recenti stime indicano che circa il 20% della popolazione adulta è affetta da ipertensione arteriosa.
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Il Framingham Heart Study stima che circa il 70% dei casi di ipertensione arteriosa si verifica in soggetti soprappeso/obesi, indipendentemente dalla durata dell’obesità. Molti studi hanno evidenziato che l’obesità addominale è più strettamente correlata alla pressione arteriosa e alla presenza di ipertensione arteriosa rispetto all’adiposità totale.
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La presenza nello stesso paziente di obesità e ipertensione conferisce un rischio cardiovascolare maggiore della somma delle due condizioni.
Il nesso fisiopatologico.
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Nonostante l’associazione epidemiologica tra obesità e ipertensione arteriosa sia chiara, la natura fisiopatologica di tale legame non lo è altrettanto. Numerosi studi hanno mostrato alcune delle tessere di un complicato puzzle, in cui appare ancora nebulosa una visione unitaria che componga il flusso di fenomeni in un ordine consequenziale.
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L’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza, l’alterazione di segnali biochimici, neurochimici e ormonali (tra cui l’iperleptinemia e la leptino-resistenza, l’elevazione di FFA e resistina), la disfunzione renale, l’alterata struttura e funzionalità vascolare, l’aumento dell’attività simpatica e del sistema renina-angiotensina-aldosterone sistemico e distrettuale, la diminuzione di attività dei peptidi natriuretici, sono i fattori maggiormente implicati nella genesi dell’ipertensione arteriosa nel paziente obeso. Inoltre l’obesità è un importante fattore di rischio per sindrome delle apnee ostruttive del sonno, la quale è associata a ipertensione arteriosa.
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La diagnosi
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Riguardo lo screening dell’ipertensione arteriosa nell’adulto, le linee guida dell'Istituto Superiore di Sanità italiano (ISS) consigliano un controllo ogni due anni se l’ultimo valore registrato è <140/85 mmHg e di una volta all’anno se la PAD è compresa tra 85 e 89 mmHg.
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Considerata però la stretta associazione tra obesità ed ipertensione, si può considerare utile sottoporre il paziente obeso di qualsiasi età (ma soprattutto l’anziano) alla misurazione della PAO ad ogni contatto con il medico. Qualora venga registrato un valore di PAO sopra il range di normalità l’iter per la conferma di ipertensione arteriosa, lo screening per forme secondarie, la valutazione del rischio CV globale e la ricerca di danni d’organo e diabete mellito sostanzialmente non varia rispetto all’iperteso normopeso.
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Qualsiasi tipo di strumento per la misurazione della pressione arteriosa venga usato, la misura del bracciale deve essere adatta al paziente obeso. Un bracciale troppo stretto o un bracciale troppo corto infatti portano rispettivamente a una sovrastima della PAO (fino a 30 mmHg !) e ad una misura non accurata e imprevedibile. Per ottenere una corretta misurazione della pressione arteriosa è necessario che il bracciale circondi con la camera d’aria almeno l’80% della circonferenza del braccio e almeno il 40% della sua lunghezza.
Circonferenza del braccio |
Dimensione del bracciale |
22-26 cm |
piccola cuffia da adulto con camera d’aria 10x24 cm |
27–34 cm |
normale cuffia da adulto con camera d’aria 13x30 cm |
35–44 cm |
Grande cuffia da adulto con camera d’aria 16x38 cm |
45–52 cm |
Grande cuffia da adulto con camera d’aria 20x42 cm |
Tabella I. Dimensioni del bracciale in relazione alle dimensioni del braccio, raccomandate dalla American Heart Association. |
La Terapia
Nel trattamento dell’ipertensione arteriosa essenziale nel paziente obeso è opportuno sottolineare alcune peculiarità rispetto al paziente iperteso normpeso:
Il trattamento farmacologico dell’obesità può essere iniziato ad un BMI >27 kg/m2 (anziché > 30 kg/m2) qualora siano presenti comorbidità quali ipertensione, diabete mellito tipo 2, dislipidemia, malattia cardiovascolare, OSAS).
L’orlistat, inibitore delle lipasi intestinali, sembra avere un modesto effetto ipotensivizzante nei pazienti con riduzione del peso del 5%, rispetto i controlli trattati con dieta e placebo (anche se non vi sono chiare dimostrazioni che tale effetto sia indipendente dalla perdita di peso).
La sibutramina, inibitore selettivo del reuptake di noradrenalina e serotonina, ha un modesto effetto ipertensivizzante. Questo lo controindica nei pazienti con ipertensione arteriosa di difficile controllo e richiede, specie nei primi due mesi, un attento controllo dei valori pressori, anche nel normoteso. Va però sottolineato che in non più del 5% dei casi è necessario sospendere la terapia.
Per quanto riguarda il rimonabant, antagonista del recettore di tipo 1 dei cannabinoidi; i dati finora pubblicati sui primi studio di fase 3 (RIO North America e RIO Europe), indicano che, nonostante un significativo effetto sul peso corporeo, questo farmaco non ha modificato la pressione sistolica e diastolica in modo significativo.
Le principali linee guida sull’ipertensione arteriosa (JNC VII, ESH-ESC, OMS) non forniscono indicazioni su una particolare classe di farmaci da prediligere nel trattamento del paziente iperteso obeso. Sulla base dei dati disponibili in letteratura è però razionale consigliare l’uso di farmaci antiipertensivi metabolicamente favorevoli o neutri, quali gli ACE inibitori, gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II e gli inibitori α-adrenergici centrali o periferici.
I Ca-antagonisti, seppur metabolicamente neutri, sembrano avere minore effetto antiipertensivo nel paziente obeso.
I diuretici andrebbero usati solo insieme agli inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA) ed a basse dosi, poiché, oltre a peggiorare l’insulino-sensibilità, aumentano ulteriormente l’attività del SRAA, dal momento che riducono il volume plasmatico effettivo.
I β-bloccanti possono determinare un aumento di peso e un peggioramento della tolleranza glucidica e del metabolismo lipidico, per cui non andrebbero usati nel paziente iperteso-obeso a dosi piene e in monoterapia, a meno che non siano indicati per altri motivi rilevanti sul bilancio benefici/rischi.
Bibliografia essenziale
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O’Brien E et al. European Society of Hypertension recommendations for conventional, ambulatory and home blood pressure measurement. J Hypertens 2003, 21:821–848.
Bosello O. La terapia farmacologica dell’obesità. 2001, Ed Kurtis.
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ultimo aggiornamento: 9 novembre 2007